Come prevedibile si sono concluse con rendimenti in forte rialzo tutte le aste dei titoli di stato italiani di quest’ultima settimana di settembre.
Vediamo il dettaglio ordinato per scadenze crescenti:
- Bot a sei mesi: rendimento lordo 3,07 contro il precedente 2,14%
- Ctz 2013: 4,51%, 3,41% nell’ultima asta. Si sono toccati i massimi da luglio 2008
- Btpi (indicizzati all’inflazione europea) 2019: 4,29%. L’ultima asta a febbraio si era chiusa con un misero 2,07%
- Btp 3 anni – 2014: 4,68% dal precedente 3,87%
- CCTeu a 4 anni – 2015: 5,63%
- Btp 10 anni – 2021: 5,49%
- Btp 11 anni – 2022: rendimento in aumento al 5,86% contro il 5,22% dell’ultima asta
Oltre all’evidente aumento dei tassi di interesse si può notare come questi sono saliti più repentinamente sulle scadenze brevi appiattendo notevolmente la curva dei rendimenti (solo 1 punto percentuale fra il titolo a 2 e a 10 anni). Questo è un segnale che sul mercato prevale il nervosismo ma non si nutrono veri timori di un default italiano.
Le ragioni del rendimento del CCTeu a 4 anni sono invece da ricercare nella previsione di una fase di stallo nell’indice euribor, con alcune analisi che lo vedono tornare verso l’1% a breve.
In tale situazione è preferibile per il piccolo risparmiatore rimanere su scadenze brevi che saranno soggette a minore volatilità. Questo a maggior ragione ora che, con l’appiattimento della curva, il maggior rendimento del Btp a 10 anni non appare tale da colmare il gap di rischio con il Ctz a 2 anni o altri titoli di simile scadenza.