Alla fine è arrivato il tanto atteso via libera agli Etf americani sul Bitcoin. Ma cosa cambia effettivamente? Da un certo punto di vista poco o nulla. Certo, c’è un effetto-annuncio senza precedenti. E c’è la scommessa che lo sdoganamento del sottostante emancipi le cripto agli occhi del mercato tradizionale. Senza dimenticare che le dimensioni della finanza Usa sono molto diverse da qualsiasi altro mercato, anche se prodotti simili c’erano già in Europa.
E’ chiaro che l’ok della Sec abbatte un muro di scetticismo. Da Kraken a Coinbase a Binance, l’autorità Usa ha più volte criticato e vigilato il mondo cripto. La Sec era contraria agli Etf spot sui Bitcoin, mentre aveva dato il via libera a quelli sui future. Motivo: nel secondo caso si resta in un mercato regolato (da Cme), mentre nel primo il sottostante è soggetto a manipolazione.
Dopo l’approvazione il Bitcoin ha avuto uno scatto ma ben presto è tornato indietro rimangiandosi parte dei guadagni fatti negli ultimi mesi nell’attesa di questo evento. Insomma, a giudicare dalle prime reazioni del Bitcoin, la notizia era scontata. Ma in futuro potrebbe esser un fattore di supporto al prezzo (più richieste di Etf obbligheranno gli emittenti a far scorta di criptovaluta), ma anche aumentarne la volatilità intrinseca. Il timore delle Autorità è che il troppo parlarne generi il cosiddetto effetto FOMO, la paura di restar tagliati fuori e quindi di prender parte a una corsa della quale non si comprendono i rischi (alti).
Come detto fin dal 2019 gli investitori in Europa hanno potuto accedere a Etp spot (ossia che seguono direttamente il prezzo di mercato) su un’ampia gamma di criptovalute. Strumenti formalmente diversi dagli Etf americani, per la normativa Ucits che impedisce ai fondi la non-diversificazione, ma in sostanza sovrapponibili. I nuovi Etf hanno già avuto l’effetto di ridurre le commissioni su questi prodotti scendendo mediamente da 0,95 a 0,35%, mentre gli Etf approvati negli Usa oscillano tra lo 0,2 e l’1,5%, con diverse “promo” in corso che le azzerano per i primi mesi.
Da Fineco segnalano i più scambiati: gli Etc Bitcoin Exchange Traded Crypto e il 21Shares Bitcoin Etp. Prodotti spesso autorizzati nel Nord Europa.
Le preoccupazioni relative ai rischi intrinseci e alle incertezze associate alle criptovalute rimangono irrisolte. Dal prossimo anno, con la direttiva Micar in vigore e le criptoattività attratte nell’ambito della vigilanza, la Ue farà un ulteriore passo avanti.
Ma tornando all’inizio, per l’investitore italiano cosa cambia con gli Etf americani? Su Fineco, ad esempio, se ne possono negoziare quattro in modo autonomo con un conto corrente o trading. Serve un profilo professionale, perché sprovvisti di Kid. Ma fiscalmente sono complicati: non essendo armonizzati, chi li mette in portafoglio deve dichiararli scomputando dall’Irpef la ritenuta d’acconto sui proventi.
Meglio a tal punto ricorrere ai prodotti europei o andar direttamente sui Bitcoin tramite Binance (forse la soluzione migliore visto che fa anche i calcoli delle tasse e presto farà da sostituto di imposta) o Coinbase.