Un recente articolo apparso sul Sole Plus mi dà l’opportunità di ribadire un concetto fondamentale nel trading ma valido anche per chi investe saltuariamente: i costi di negoziazione e le tasse sono elementi importanti che possono incidere pesantemente sulle tue performance.
In genere sia il trader che l’investitore prendono in considerazione solo il rendimento lordo delle operazioni effettuate. Ma l’esperienza, e pure il buon senso, ci dice che anche una buona operazione può chiudersi negativamente.
Vediamo l’esempio riportato dall’inserto del Sole 24 Ore:
Si tratta di un’operazione su un ETF short, strumento speculativo e con una tassazione particolare. Non mi addentro ora nei dettagli ma notate come la negoziazione si è chiusa con un guadagno apparente di 1.180 euro ma dedotte le tasse (849) e le commissioni di negoziazione (344) l’operazione si è chiusa con un -14.
Le tasse sugli investimenti
In questo caso il risultato è stato condizionato dall’anomala tassazione che colpisce gli ETF. In ogni caso il trader e il risparmiatore dimenticano spesso di ottimizzare questa componente. L’investitore che ha fatto questa operazione ha utilizzato uno strumento senza conoscere le regole di applicazione dell’imposta. Lo stesso fa la maggioranza degli investitori. Ma una buona conoscenza del funzionamento della tassazione delle rendite fiscali può consentire di ridurle. Saper giostrare fra plusvalenze e minusvalenze può portare a utili superiori a quelli di singole operazioni di trading.
Quando si parla di tasse quindi è anzitutto utile conoscere come funzionano e come vengono applicate in modo da ridurne l’impatto. Seguendo un’altra nota regola del trading inoltre si può ridurre l’impatto fiscale. Questa regola è: far correre i guadagni e tagliare le perdite. Purtroppo spesso i risparmiatori agiscono al contrario: per avidità realizzano subito i piccoli guadagni e per paura non chiudono subito le perdite. C’è ovviamente una forte componente psicologica in questo modo di agire: realizzare i guadagni fa aumentare l’autostima, non tagliare le perdite dà la finta convinzione che finché non si vende queste siano solo virtuali.
Ma questo modo di agire non è sbagliato solo dal punto di vista del trading. Realizzare subito i guadagni significa anticipare le spese di negoziazione e soprattutto le tasse. Non tagliare le perdite significa non godere subito di minusvalenze da utilizzare per compensare gli utili.
Facciamo un esempio scolastico ma chiarificatore. Il signor Mario Rossi acquista un’azione Enel a 10 euro e una Fiat sempre a 10 euro. Una settimana dopo Enel vale 11, Fiat 9. Il signor Rossi, come la maggior parte dei risparmiatori italiani, venderà Enel per portare a casa un euro di utile, mentre manterrà in portafogli Fiat convinto che possa risalire. In questo modo, tralasciando i costi di negoziazione, sull’euro guadagnato pagherà la tassa che ridurrà l’utile a 0,8 (supponendo che la tassazione sia già al 20%). In questo momento quindi Mario ha realizzato un guadagno di 0,8 e ha una perdita di 1 su Fiat.
Se avesse venduto prima Fiat avrebbe potuto compensare la minusvalenza non pagando nulla di imposta.
Costi di negoziazione
Altro elemento fondamentale sono i costi. E’ chiaro che questi incidono soprattutto per i trader (coloro che effettuano molte operazioni) ma anche il piccolo investitore può risparmiare molto.
Riprendiamo il nostro esempio: l’investitore ha pagato ben 344 euro perché si è affidato ad una banca tradizionale. Se avesse operato con una banca online avrebbe pagato meno di 40 euro. Le banche online infatti applicano commissioni percentuali ben inferiori (circa 0,19% contro 0,5-0,7 dello sportello) e inoltre hanno dei massimi che riducono fortemente il totale, per esempio:
- Fineco: 0,19% con minimo 2,95 € – Max 19 €
- Trading Arancio 0,19 % Min 8 – Max 18 €
Senza poi considerare che con queste banche non ci sono costi di custodia, mentre le banche tradizionali fanno ancora pagare circa 60-100 euro annui.