L’ultima settimana si è chiusa, dopo un lungo periodo, con il segno meno per quasi tutti i mercati finanziari. In particolare hanno perso le Borse europee e anche i prezzi delle obbligazioni hanno risentito del mutamento di clima. Il motivo di questo nervosismo dei mercati è sempre la Grecia, uno spettro che ormai da tempo influenza i mercati finanziari senza una soluzione.
Ma molti cominciano a chiedersi se gli stessi mercati internazionali non siano ora in bolla finanziaria causata dall’eccesso di liquidità immesso nel sistema dalle principali banche centrali.
Un recente sondaggio tra gli operatori finanziari conferma il fatto che sia in crescita la consapevolezza dei rischi connessi alle politiche monetarie espansive. Per un operatore su quattro il mercato azionario globale è sopravvalutato ed il mercato delle obbligazioni lo è per ben l’84% degli intervistati.
E’ inutile ricordare come le operazioni di Quantitative easing condotti prima dalla Fed e dalla banca giapponese, ed ora anche dalla Bce, sono stati i principali motori dei mercati finanziari in questi anni.
C’è forse stato un eccesso di ottimismo? Sembra di sì se si guarda ad alcuni paradossi. Il più evidente è quello sul mercato obbligazionario, in particolare sui titoli di Stato dell’area euro le cui quotazioni hanno toccato livelli assurdi. Assurdi perché ormai una fetta consistente di questo mercato (stimato in duemila miliardi di euro) oggi tratta a tassi negativi. Il paradosso per cui l’investitore non solo non riceve una remunerazione (interesse) sul proprio investimento, ma addirittura finisce per pagare una penale.
E il paradosso è ancora più grande se si pensa che itassi di interesse al minimo storico sui titoli di Stato arrivano ora che i debiti pubblici (e quindi i rischi) sono al massimo. Per cui paesi il cui debito, se valutato oggettivamente oggi non è più sostenibile (in primis l’Italia) possono permettersi di pagare tassi inferiori a paesi ben più solidi.
Ma nella pratica ci sono rischi reali? Per molti operatori, finché ci sarà il Quantitative easing della Bce i bond governativi presentano pochi rischi, mentre potrebbero subire maggiori contraccolpi le obbligazioni societarie che hanno visto i loro prezzi salire per riflesso (visti gli scarsi rendimenti dei titoli di Stato, una parte della domanda ha acquistato questi titoli) ma non hanno il paracadute del Qe.
La settimana appena chiusa ha però mostrato come anche sui titoli governativi possano esserci grossi scrolloni a causa in particolare della Grecia. Ma tali scossoni sottolineano anche come nei fatti gli operatori siano consapevoli che c’è troppo ottimismo e quindi al minimo timore, allentano le posizioni. Per chi ha titoli in portafoglio è solo uno storno che riduce i guadagni. Mentre ora si troveranno in rosso coloro che hanno puntato recentemente su scadenze lunghissime, ma anche chi ha appena acquistato il nuovo Btp Italia che presumibilmente, a questi livelli di tasso, aprirà in territorio negativo lunedì. Non è il caso comunque di vendere, ma chi ha titoli a lunga scadenza dovrà fare maggiore attenzione ed essere pronto a uscire.
Sul fronte azionario i timori riguardano soprattutto gli Stati Uniti. Due terzi degli operatori considerano infatti Wall Street sopravvalutato. Gli indici sono ai massimi storici, l’indice S&P 500 tratta ad un valore di mercato pari a 20 volte i profitti degli ultimi 12 mesi. L’indicatore Shiller P/E (che misura il rapporto prezzo utili depurato dalle fluttuazioni del ciclo economico) è pari a 27, valore superato poche volte e spesso in precedenza a grossi storni. Ma il vero test ci sarà ora con la presentazione delle trimestrali: se i dati saranno sotto le aspettative confermando i timori che il dollaro forte possa rallentare la crescita. Se le avvisaglie fossero confermate, meglio alleggerire le posizioni per rientrare dopo lo storno.
In realtà però i prezzi sono alti anche in Europa con i multipli prezzo su utile ai massimi da 14 anni. Ma i mercati azionari dell’area euro godono non solo degli effetti diretti del Quantitative Easing europeo, ma anche di quelli indiretti, in particolare la svalutazione dell’euro che accompagnato al calo dei prezzi petroliferi, favorisce la ripresa degli utili. Ma anche in questo caso, saranno i fatti (i dati trimestrali) ha confermare o meno queste ipotesi. E’ il caso in particolare delle banche italiane che, godono spesso di alti recuperi grazie al fatto che sono tra le principali favorite dal QE. Ma appena il vento cambia, subiscono pesanti crolli, visto che i risultati aziendali sono ancora deludenti.