Dopo intense trattative, la maggioranza di governo ha trovato la quadra sul delicato capitolo del contributo del settore bancario alla Legge di Bilancio. L’accordo, raggiunto al termine di un vertice a Palazzo Chigi, segna l’abbandono della controversa “tassa sugli extraprofitti” a favore di un meccanismo alternativo.
L’obiettivo fissato dal Governo è ambizioso: garantire un gettito complessivo di 11,5 miliardi di euro in tre anni, così ripartiti: 4,5 miliardi nel 2025, 4,5 miliardi nel 2026 e 2,5 miliardi nel 2027.
Addio alla Tassa sugli Extraprofitti, Benvenuta l’Imposta sulle Riserve
L’elemento centrale della nuova intesa, fortemente sostenuta da Forza Italia, è l’archiviazione della prima ipotesi, criticata da alcuni come un intervento eccessivamente punitivo sul mercato.
Al posto della precedente aliquota del 40%, le banche potranno ora scegliere di versare un’imposta pari al 27,5% sugli utili netti del 2023 che vengono destinati a riserva (o comunque non distribuiti ai soci).
In sostanza, per i prossimi tre anni, l’istituto di credito che deciderà di distribuire gli utili ai soci (sotto forma di dividendi) eviterà l’imposta aggiuntiva del 27,5%, mentre chi sceglierà di riservare gli utili (mantenendoli come capitale interno) dovrà corrispondere questa aliquota allo Stato. La misura si configura come una leva finanziaria che mira a incoraggiare la distribuzione di utili, pur garantendo un contributo significativo alle casse statali.
Possibile Aumento dell’IRAP per Banche e Assicurazioni
Oltre all’imposta sulle riserve, il pacchetto concordato a Palazzo Chigi potrebbe includere un’ulteriore misura per raggiungere il gettito desiderato:
- Aumento dell’IRAP: Si ipotizza un incremento di due punti percentuali dell’Imposta Regionale sulle Attività Produttive (IRAP) per il settore bancario e assicurativo. Questo porterebbe l’aliquota regionale a un totale del 6,65% per il triennio a venire.
Le Ragioni del Contrasto e l’Intesa Finale
La decisione è arrivata dopo una giornata di alta tensione che ha visto contrapposte le diverse anime della maggioranza:
- Lega (Matteo Salvini): Ha difeso con forza la necessità di un contributo straordinario da parte del settore creditizio, citando i “doverosi 5 miliardi” che le banche dovrebbero mettere a disposizione del Paese per finanziare misure sociali, come l’aiuto a famiglie, imprese in difficoltà e la sanità.
- Forza Italia (Antonio Tajani): Ha espresso forte scetticismo verso l’idea di una “tassa sugli extraprofitti”, definendola con un “concetto un po’ da Unione Sovietica”. La linea era quella di preferire il “dialogo con il mondo bancario e assicurativo per ottenere un contributo condiviso, non imporre misure che spaventano i mercati”.
La soluzione finale sembra aver soddisfatto entrambe le parti: si ottiene l’obiettivo di gettito stabilito dal Governo (11,5 miliardi) senza ricorrere a un’imposizione diretta e retroattiva sugli extraprofitti, ma attraverso un meccanismo che offre alle banche una opzione alternativa più mirata. L’accordo chiude la partita in vista del prossimo Consiglio dei Ministri che definirà i dettagli della Legge di Bilancio.
La nostra opinione
Le discussioni politiche ci interessano poco. La motivazione della tassazione per extraprofitti non ci trovava d’accordo. Se un’azienda fa utili non può esser punita, anche se per chi segue il settore è evidente che gli utili delle banche italiane derivano più dall’ignoranza finanziaria e passività dei risparmiatori:solo in Italia il margine da interesse è così alto perché molti tengono i soldi sul conto corrente nonostante non renda nulla. A questo si aggiunge il business del gestito e dell’assicurazione che continua a crescere nonostante da anni si ripeta che fondi e polizze delle banche abbiano costi assurdi e rendono meno dei più efficienti e convenienti ETF.
Premesso questo però non siamo contrari in questo caso alla tassazione. Non per gli extraprofitti. Ma in quanto il settore bancario italiano ha goduto di aiuti e salvataggi con soldi pubblici. Tra MPS, banche venete, Banca Marche, Etruria e co. sono stati messi oltre 20 miliardi di soldi pubblici dello Stato o CDP. E’ quindi giusto che le banche siano chiamate a restituire quanto ricevuto, altrimenti saremmo nel classico caso di privatizzazione degli utili e socializzazione delle perdite.