Le regole fiscali in Italia sono troppe e complesse. Anche quelle in materia finanziaria presentano varie anomalie. Una delle maggiori è certamente la tassazione dei fondi, che siano fondi attivi o gli Etf (fondi passivi). Per tali strumenti infatti i guadagni non sono compensabili con le minusvalenze arretrate. Per questo aver un portafoglio di soli fondi può non esser la soluzione ideale. Non a caso questo è uno dei principali problemi che si vorrebbe risolvere con la prossima riforma fiscale. Vediamo meglio il tema grazie a una domanda posta agli esperti del Sole 24 Ore di qualche settimana fa.
Esempio tassazione con Etf
Nel portafoglio titoli (in regime amministrato) ho un certo numero di quote dell’iShares Jpm EM Bond ETF in dollari a distribuzione (codice Isin IE00B2NPKV68) e nello zainetto fiscale ho delle minusvalenze che scadranno nel 2027. Allo stacco delle cedole mensili vengono applicate delle ritenute con aliquote diverse (parte al 12,5% e parte restante al 26%) che non si compensano con le minus citate. È intuitivo dedurre che l’aliquota al 12,5% sia riconducibile alla parte obbligazionaria emessa da Paesi Sovrani, mentre l’aliquota al 26% sia applicata alle restanti obbligazioni Corporate. Tra un po’ di tempo, potrei essere nelle condizioni di liquidare le quote generando delle plusvalenze. Queste ultime saranno compensabili con le minus? E in caso affermativo, tutte o quali?
L’Etf scelto dal lettore mira a replicare il più fedelmente possibile l’andamento di un indice composto da obbligazioni denominate in dollari statunitensi dei mercati emergenti. Nel 2022 il clone ha perso il 18% (contro il 18,4% del benchmark). Il rendimento totale cumulativo del Nav da inizio anno è pari invece all’1,89 per cento. L’Etf in questione ha un’esposizione sui bond emerging investment grade e ad alto rendimento.
Nelle specifico per quanto attiene la vigente modalità di tassazione degli Etf abbiamo che il reddito da essi prodotto è determinato dal differenziale tra il prezzo di acquisto e quello di vendita/ realizzo che, a sua volta, costituisce reddito di capitale ex art. 44 comma 1 lettera g) Tuir se di importo positivo, mentre costituisce reddito diverso (minus) ex art. 67 c 1 lett c ter) Tuir se negativo. Si veda la Circolare AdE n. 33/E/2011 circa la fiscalità dei fondi comuni di investimento cui sono assimilati gli Etf.
Le due categorie reddituali non si compensano reciprocamente. Laddove l’investimento effettuato dal Fondo/Etf riguardi contemporaneamente sia in titoli soggetti al 12,50% che al 26% per l’individuazione delle rispettive basi imponibili si applicano le previsioni di cui al Dm 13 dicembre 2011 (vedi ripartizione proporzionale). Stante quanto sopra l’attuale legislazione non consente di compensare le risultanze positive di ciò che è considerato reddito di capitale (art. 44 /Tuir) con quanto considerato reddito diverso (art. 67 Tuir): nel caso sottoposto le “plusvalenze” che si ritiene di ottenere dalla liquidazione dell’Etf saranno classificate fiscalmente quali redditi di capitale e non potranno così assorbire le minus pregresse».
Tale situazione nelle indicazioni della prossima legge dovrebbe essere superata attraverso l’unificazione delle due categorie reddituali. Ma come minimo occorrerà attender il 2025.