Un paio di lettori mi hanno scritto se convenga recedere dalle azioni di Ubi Banca. La banca popolare si è recentemente trasformata in società per azioni (come previsto da un recente decreto legge), perdendo quindi il suo status cooperativo. Il passaggio consente all’azionista non soddisfatto di poter recedere da socio vendendo le azioni al prezzo medio degli ultimi 6 mesi.
Ora questo prezzo medio è pari a 7,288 euro, superiore al prezzo attuale di 7,065 (prezzo di riferimento del 23 ottobre). Ora visto che il recesso deve essere esercitato entro martedì 27 ottobre, si potrebbe essere tentati dal farlo anche se la recente ripresa del mercato ha ridotto il gap di potenziale guadagno. Ma conviene veramente?
Conviene il recesso
Il guadagno è al momento molto risicato, quasi il 3,2%. Ma non male visto che teoricamente lo si può portare a casa in due giorni. Ma la realtà è più complicata. La procedura per esercitare il diritto di recesso e macchinosa e non riavresti subito i tuoi soldi, ma puoi trovarti a dover aspettare fino a sei mesi, senza poter nel frattempo reinvestire. Ubi Banca inoltre ha sfruttato la possibilità offerta dalla legge di limitare il diritto di recesso: se le richieste supereranno i 350 milioni di euro (il 5% delle azioni in circolazione) ritirerà da ogni richiedente solo una parte delle azioni, e quindi ti ritroveresti tra vari mesi con ancora in portafoglio una parte delle azioni. Non è poi escluso che la tua banca ti faccia pagare delle spese per rilasciarti la documentazione necessaria al recesso.
Se quindi non credi nel titolo, è preferibile vendere direttamente sul mercato. Lo stesso discorso varrà per le prossime trasformazioni delle Popolari in Spa, come Banco Popolare e Popolare di Milano. Lo sottolineo proprio perché alcuni investitori, pensando di ottenere un pasto gratis (impossibile in Borsa) hanno acquistato il titolo di Ubi Banca proprio qualche giorno prima dell’assemblea che ha sancito il passaggio a società per azioni. Certo, se il titolo fosse rimasto ai valori precedenti, o persino sceso, l’occasione ci sarebbe stata. Ma devi considerare che in queste situazioni sarebbero intervenuti anche pesci più grossi e soprattutto sarebbe aumentato il numero delle richieste di recesso facendo scattare la soglia del 5%.
Investire sulle banche ora?
Il nuovo Quantitative Easing europeo della BCE ventilato questa settimana da Draghi aiuterà tutte le Borse europee, ma in particolare il settore finanziario. E le banche italiane sono in prima fila: da gennaio 2015, quando è stato annunciata la manovra già in corso, hanno guadagnato in media il 19 %, mentre il settore bancario mondiale è rimasto sostanzialmente fermo (+0,8 %).
Non vanno però dimenticati i rischi. Cina, tassi Usa o una ripresa del prezzo del petrolio, potrebbero cambiare velocemente lo scenario. Il settore finanziario ha buone prospettive, ma può anche scivolare facilmente. Per questo meglio puntare su gruppi che hanno pressoché completato la “pulizia” di bilancio dai crediti problematici, non rischiano futuri aumenti di capitale e non saranno interessati da possibili fusioni problematiche. Meglio quindi rimanere sui due campioni italiani: Intesa Sanpaolo e Unicredit, o in alternativa puntare sull’intero settore tramite un Etf come il Lyxor Ucits EtfEuro Stoxx Banks (Isin FR0011645647).