Settimana scorsa c’è stato l’ennesimo taglio dei tassi di interesse europei da parte della BCE. I rendimenti dei titoli di stato europei erano già ai minimi storici, e hanno successivamente toccato nuovi minimi. Basti pensare che un Btp a 10 anni rende il 2,25% lordo a cui sottrarre la ritenuta fiscale, il bollo e le spese bancarie. E stiamo parlando del decennale, le scadenze a breve presentano addirittura rendimenti negativi.
Negli ultimi anni le politiche monetarie delle Banche Centrali (Usa, Giappone e Europa) sono diventate protagoniste con unforte interventismo sui mercati. Mentre in America sembra vicina l’inversione di tendenza, le attese sono per una BCE espansiva fino al 2016. Inutile quindi attendersi inversioni di tendenza nella politica monetaria da qui a 2 anni. Anche se c’è sempre il rischio di un ritorno alla volatilità in caso di problemi legati alla politica e al risanamento dei debiti pubblici.
Vendere i Btp? Ma per investire dove?
Cosa fare dunque? Troppo pericoloso -acquistare titoli di Stato a tasso fisso oggi. Chi invece ha Btp in portafoglio dovrebbe iniziare a uscire con lentezza e regolarità. I tassi sono insolitamente bassi, ma è difficile immaginare quando ci sarà un inversione di tendenza.
Spesso però il risparmiatore italiano agisce da puro cassettista, acquista un titolo e lo porta a scadenza incassando il flusso di cedole. Ma in realtà occorre guardare ai reali rendimenti dei titoli, in base alla quotazione attuale, e non al tasso di interesse della cedola. I btp a 2 anni per esempio hanno ormai raggiunto prezzi talmente alti da far andare in negativo il rendimento netto. Cosa significa? Che se li acquisti ora la cedola netta non compensa la differenza fra prezzo di acquisto (sopra 100) e il valore di rimborso (solitamente 100 ma anche meno in certi casi).
Un check up periodico al portafoglio è quindi necessario. Un check up che comporta il calcolo di quanto rende ogni titolo in portafoglio alle attuali quotazioni. Sse non sai calcolare il rendimento a scadenza, calcola le cedole nette che incasserai fino a scadenze meno la differenza fra quotazione attuale e il valore di rimborso (soltamente 100 ma anche meno in caso di emissione sotto la pari); rapportando poi il tutto al capitale investito e agli anni.
Anche se il risparmiatore capisce che è opportuno vendere perché ormai quel titolo che ha in portafoglio rende poco o nulla, rimane un problema. E’ necessario infatti cercare e soprattutto trovare valide alternative, ma le soluzioni non sono molte (salvo voler rischiare sul mercato azionario). Anche se non bisogna dimenticare che con l’inflazione quasi a zero di questo periodo, anche ritorni dell’1% danno rendimenti reali positivi.
Una volta che si è deciso di vendere i titoli di Stato a breve, occorre quindi sapere come utilizzare il denaro. Vendere senza alternative potrebbe rivelarsi un errore. Perché se non c’è un’alternativa meglio restare fermi.
Purtroppo come detto le alternative sono poche. Ci sono alcune obbligazioni corporate, anche se pure queste hanno visto i loro rendimenti calare drasticamente. Inoltre le cedole di questi titoli sono tassate al 26%. In passato per chi voleva stare tranquillo e parcheggiare la liquidità per un breve periodo, si è ricorsi spesso ai conti di deposito. Ma anche questo strumento ha perso gran parte del suo fascino, con tassi di interesse al minimo storico ma comunque preferibili rispetto ai titoli di stato a breve termine (es. Che Banca: 1,80% e Conto Arancio: 1,70% lordo con vincolo a 12 mesi).
E’ il momento di investire nelle polizze vita?
Per chi non è disposto a rischiare, e vuole rimanere sui titoli di stato italiani, una buona alternativa in questo periodo sono le polizze vita. Non è un caso che questi strumenti stiano vivendo un boom di raccolta facendo concorrenza ai titoli di stato e alle varie forme di investimento a basso rischio, inclusi i conti di deposito. Le polizze vita infatti presentano diversi vantaggi in questo periodo di bassi interessi e tasse elevate: non pagano l’imposta di bollo, rimandano la tassazione dei guadagni alla scadenza o al riscatto (e in caso di decesso gli eredi incassano senza pagare né tasse sui capital gain né tasse di successione). Inoltre avendo il portafoglio valorizzato al costo storico (e non al valore di mercato, che in questi ultimi anni è salito molto) consentono di ottenere rendimenti medi superiori a quelli degli investimenti sottostanti, in genere titoli di stato.
Le polizze vita presentano però spesso un problema: i costi. Alti costi di gestione e pure di ingresso (che inficia la performance finale). Ultimamente sul mercato, grazie ancora una volta a Internet, sono presenti titoli con bassi costi. E’ il caso di Genertel Sicuramente (gruppo Generali) una polizza che l’anno scorso ha reso il 3,4% al netto del costo di gestione dell’1%, e quest’anno dovrebbe confermare un rendimento, seppur probabilmente calante, superiore al 3% e come detto senza bollo. Polizza che gode di indubbi vantaggi non avendo il bollo e scontando una ritenuta fiscale intorno al 16-18%.
Qui una serie di articoli sull’argomento pubblicati sul blog Banca del Risparmio: