Dal 2024, se entro dieci anni dalla fine dell’intervento agevolato con il Superbonus viene ceduto a titolo oneroso l’immobile oggetto dei lavori (diverso dall’abitazione principale e non acquisito per successione), la relativa plusvalenza è sempre tassata, anche se si tratta di seconda casa acquisita o costruita da più di cinque anni. In particolare, dalle cessioni poste in essere dal 1° gennaio 2024, le eventuali «plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili », nei quali il cedente o gli altri aventi diritto hanno «eseguito» interventi agevolati con il Superbonus (sia al 110% che al 90%, 70% o 65%, sia tramite detrazione diretta che tramite cessione del credito o «sconto in fattura »), che si sono «conclusi da non più» di 10 «anni all’atto della cessione», sono sempre tassate come «redditi diversi», anche se la cessione riguarda immobili acquistati o costruiti da più di cinque anni. In quest’ultimo caso (immobili acquistati o costruiti da più di cinque anni), senza questa tassazione «speciale» (Superbonus), la norma generale prevederebbe la non rilevanza della plusvalenza da cessione.
Con la novità introdotta dalla legge di Bilancio 2024, invece, entro 10 anni dalla fine dell’intervento agevolato con il Superbonus, la plusvalenza da cessione va sempre tassata, anche se l’immobile era stato acquistato o costruito da più di cinque anni. Sono esclusi dalla tassazione «speciale» riservata agli immobili agevolati con il Superbonus le plusvalenze:
- conseguite nell’esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice;
- relative a immobili acquisiti per successione;
- relative a immobili che sono stati adibiti ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari per la maggior parte dei 10 anni antecedenti alla cessione o, se tra la data di acquisto o di costruzione e la cessione siano trascorsi meno di 10 anni, per la maggior parte di tale periodo.
Se si applica la tassazione «speciale » riservata agli immobili agevolati con il Superbonus (sia al 110% che al 90%, 70% o 65%, sia tramite detrazione diretta che tramite cessione del credito o «sconto in fattura»), la plusvalenza si calcola, in generale, con le regole ordinarie, cioè effettuando la «differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo di imposta e il prezzo di acquisto o il costo di costruzione del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo », comprensivo delle «spese incrementative» relative a interventi che hanno consentito la fruizione dei bonus edili (ordinari o super), come chiarito dalla Cassazione 22 giugno 2018, n 16538, e non togliendo il Superbonus (risposte delle Entrate del 31 gennaio 2022, n 57 e del 24 marzo 2021, n 204). Per gli immobili acquisiti per donazione si assume come prezzo di acquisto o costo di costruzione quello sostenuto dal donante.
C’è un’eccezione, però. Se l’agevolazione fruita è stata quella del Superbonus nella misura del 110% e contemporaneamente sono state esercitate le opzioni di cessione del credito o «sconto in fattura», per la determinazione dei costi inerenti al bene:
- «non si tiene conto delle spese relative a tali interventi», se gli interventi agevolati si sono conclusi da non più di cinque anni all’atto della cessione;
- si tiene conto del 50% di queste spese, se gli interventi agevolati si sono conclusi da più di cinque anni (ma entro i 10 anni) all’atto della cessione.
In tutti e due i casi, si considerano le spese sostenute dal cedente per l’intervento agevolate con bonus diversi dal Superbonus nella misura del 110%, come il Superbonus del 90%, 70% o 65%, il bonus casa o la detrazione del 75% per l’eliminazione delle barriere architettoniche. Inoltre, al costo non vanno tolte le le detrazioni del Superbonus.