A gennaio 2015 l’indice Msci Emerging Markets è tornato a superare per la prima volta da luglio l’indice americano S&P 500. Non è un evento occasionale, infatti gli investitori istituzionali stanno tornando in massa ad investire sui mercati emergenti. L’Institute of International Finance stima che solo a gennaio gli investitori internazionali hanno stanziato sui mercati emergenti 18 miliardi di dollari tra azioni e obbligazioni.
Siamo quindi all’inversione di tendenza dopo i magri 2013 e 2014 chiusi in perdita (tra il 2013 e il 2014 il Msci Emerging Markets Index è sceso di quasi il 5% mentre Wall Street toccava nuovi massimi). In realtà guardando più in dettaglio, già l’anno scorso alcuni mercati avevano performato molto bene, a cominciare da India e Cina. Meno bene gli altri due paesi Bric: Brasile e soprattutto Russia.
Ma oggi, come afferma il direttore strategico degli investimenti globali di Charles Schwab, i mercati emergenti sono uno dei pochi mercati veramente a sconto. Per questo molti prevedono che i mercati emergenti cresceranno di più rispetto a quelli sviluppati, aiutati in particolare dal calo dei prezzi delle materie prime (commodity).
Ma sempre di più non si deve guardare ai mercati emergenti nel complesso, ma essere più selettivi nei confronti di diversi Paesi. L’India è considerata quella meglio posizionata poiché è un importatore di petrolio e ha un governo che punta alle riforme economiche. Anche l’Indonesia sta attirando l’attenzione di molti gestori di portafoglio, così come Messico e Taiwan, che beneficiano della ripresa statunitense.
L’ormai prossimo quantitative easing della Bce di oltre 1.000 miliardi di euro ha attenuato i timori di una contrazione della liquidità a livello mondiale che poteva colpire duramente i mercati emergenti. Così oggi il 70% degli analisti finanziari sono ottimisti nei confronti dei mercati emergenti, un valore che non si toccava da circa un anno.
Rimangono però anche i rischi. Tra le maggiori preoccupazioni, oltre a instabilità politiche, c’è il rallentamento della crescita. Il mese scorso il Fondo monetario internazionale ha tagliato dal 4,9% al 4,3% le proiezioni di crescita del 2015 per i mercati emergenti. Altri limiti potrebbero arrivare da ulteriori improvvisi rialzi del dollaro, dovuti all’aspettativa che la Fed quest’anno torni ad aumentare i tassi di breve termine. In passato la rivalutazione del biglietto verde ha comportato una fuga di capitali dalle economie meno sviluppate. Ma oggi le economie emergenti, almeno quelle non dipendenti dalle materie prime, sono più solide.
Nelle prossime settimane approfondiremo il discorso trattando alcune singole specificità come Cina, India o Russia, e vedendo come e se investirci.