Dopo aver consigliato di limitare nel proprio portafoglio la quota di titoli di Stato, diversificando anche in obbligazioni e azioni di altri paesi (magari tramite ETF), alcuni lettori mi hanno scritto in merito ai presunti maggiori rischi dei Btp ed in generale dei titoli di stato.
Per alcuni questi non sarebbero più sicuri a causa dell’introduzione di nuove clausole. Vediamo di capire se è così, o se il timore è esagerato.
Cosa sono le CAC
Il Decreto 96717 del 7 dicembre 2012 ha introdotto anche in Italia dal 1° gennaio 2013 le Cac’s (clausole di azione collettiva). Non si tratta di un provvedimento italiano, ma europeo. Il caso Grecia ha infatto portato all’attenzione l’importanza di regole chiare per la rinegoziazione del debito. Per questo l’Unione Europea ha deciso di inserire le Cacs sui titoli del debito sovrano, al fine appunto di evitare situazioni di rimborso disordinato e disomogeneo.
Tali clausole:
- riguardano tutti i titoli di Stato italiani ed europei con durata superiore all’anno (sono esclusi quindi i soli Bot) emessi dal 2013
- prevedono la possibilità e definiscono la modalità per rinegoziare il debito in caso di difficoltà dell’emittente. In particolare prevedono che per la ristrutturazione del debito sia necessario il voto favorevole dei possessori che detengono almeno il 75% del titolo.
Al momento quindi in Europa già circolano due categorie di titoli: con Cacs e senza. Non si notano però differenze di prezzi fra le due tipologie. Da notare poi che in base alle stime nel 2018 il rapporto fra le due categorie sarà paritetico.
I Btp sono più rischiosi?
L’introduzione delle Cacs sui titoli di Stato europei non implica alcun maggior rischio o probabilità di ricorrere alle Cacs.Le Cacs semplicemente prevedono regole chiare per un’eventuale procedura di ristrutturazione del debito.
La quota del 75% è una percentuale elevata che evita che una minoranza tratti condizioni differenziate che poi scatenano contenziosi pluriennali come in Argentina. Tali clausole garantiscono soprattutto di poter risolvere in maniera certa e veloce eventuali controversie in caso di difficoltà dell’emittente, situazioni che altrimenti potrebbero trascinarsi per anni con alti costi legali ed operativi.
L’inserimento delle Cacs quindi non aumenta il rischio di vedere un taglio del valore delle proprie obbligazioni (hair cut) a seguito della ristrutturazione del debito come successo sui titoli greci. Il rischio è sempre a monte. Se uno Stato non è in grado di rimborsare i suoi debiti, Cacs o non Cacs, ci sarà una sua ristrutturazione con conseguente taglio del capitale investito dagli investitori. Ed è proprio il caso Grecia che ce lo insegna.
Per prevenire il rischio default è anzitutto importante, come consigliato qui, diversificare e limitare la quota di titoli italiani. E’ una regola base dell’asset allocation finanziaria, ma anche di semplice buon senso, con o senza Cacs.