I mercati finanziari sono rimasti delusi dalle recenti decisioni della Bce che ha ulteriormente tagliato il tasso di interesse sui depositi di 10 punti base, dal -0,2 al -0,3% e allungato fino a marzo 2017 il Quantitative Easing, vale a dire la possibilità di acquistare titoli di Stato sul mercato.
Molti investitori sono rimasti stupiti dal repentino calo delle Borse europee, dalla ripresa dello spread e dal rafforzamento dell’Euro contro il dollaro chiedendosi come mai i mercati reagissero negativamente di fronte ad una notizia positiva. Ma questo non fa che dimostrare che i mercati si muovono sulle attese non sulle notizie. Quanto comunicato da Mario Draghi era ampiamente previsto, i mercati però si aspettavano qualcosa di più (non un semplice allungamento ma un rafforzamento del QE). Questo quindi giustifica la reazione.
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I problemi dell’Europa
L’Europa si muove ormai in una situazione di deflazione, la peggiore dal punto di vista economico. L’inflazione a novembre è cresciuta solo dello 0,1% contro l’obiettivo BCE del 2%. Mentre l’economia stenta a crescere nonostante diversi fattori positivi come il basso costo delle materie prime (petrolio, gas ma anche metalli e prodotti agricoli di cui solitamente l’Europa è importatore netto), la ripresa americana, l’euro debole.
La realtà è che gli analisti finanziari avvertono con nervosismo l’inefficacia del QE europeo. La liquidità immessa con il Quantitative Easing nel sistema bancario non può affluire all’economia reale, per via della domanda interna castigata congiuntamente dalle politiche fiscali e salariali. Le imprese sono in surplus produttivo e non fanno quindi nuovi investimenti. Gli Stati sono vincolati dal Fiscal Compact e spesso sprecano soldi in interventi populistici di breve respiro (come definire gli 80 euro e i 500 euro ai diciottenni?) invece di ridurre spese e tasse e investire in opere con effetti di lungo termine.
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Perché il QE europeo non funziona
Per questo finora la liquidità immessa dalla BCE è finita sui mercati finanziari (come dimostra l’andamento delle Borse e dei rendimenti obbligazionari). La proroga del QE quindi serve a ben poco.
Il problema alla radice è che la politica in Europa è ferma e il QE della BCE non può essere efficace come quello americano. Quest’ultimo permetteva alla Fed di acquistare titoli di Stato sul mercato primario rimettendo quindi liquidità direttamente nel circuito economico. In Europa invece la BCE compra titoli di stato sul mercato secondario e quindi la liquidità finisce nel circuito bancario, nella speranza finora invana che questi soldi arrivino anche a famiglie e imprese. In un contesto in cui la politica è divisa e inefficace e la BCE è divisa con i falchi tedeschi che criticano pure le misure prese rendendo impossibile una sua modifica.
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Quali conseguenze sui mercati per il 2016
La prudenza di Draghi ha quindi deluso i mercati, ma gli effetti saranno duraturi?
In un solo giorno il mercato dei cambi, i mercati azionari e quelli obbligazionari hanno riportato le lancette delle quotazioni a fine ottobre. Difficile vedere un vero recupero entro fine anno soprattutto dei mercati azionari. Gli indici europei in particolare potrebbero mostrarsi ancora deboli fino ad aree di supporto da cui ripartire nel nuovo anno quando verosimilmente si potranno rivedere i valori toccati a inizio mese.
La decisione della BCE ha comunque facilitato il compito della Yellen (governatore della Fed) che con ogni probabilità a metà dicembre aumenterà i tassi americani dopo molto tempo. Le politiche monetarie delle due principali aree economiche entrano quindi in due binari divergenti, ma non è detto che questo favorisca l’Europa nel 2016 rispetto agli Usa. Sicuramente l’Europa ha più spazio per crescere, ma sono maggiori anche i rischi di un’economia debole e quindi sarà maggiore la volatilità sui mercati azionari europei. Gli Stati Uniti restano pur sempre il Paese industrializzato con la crescita economica più solida e costante anche se è meglio entrare sulla Borsa americana solo dopo uno storno oppure il superamento deciso di quota 2.100 che da mesi fa da tappo al mercato.
Infine due parole sulle valute. Se la Fed alzerà i tassi nella riunione del 16 dicembre è probabile che il dollaro torni fin da subito a salire puntando verso la parità nel 2016.