Molti risparmiatori italiani hanno investito in valute emergenti tramite strumenti quali fondi, obbligazioni e certificati, attratti dagli alti rendimenti offerti da questi prodotti, soprattutto se confrontati con i tanti prodotti a tassi zero in euro. Probabilmente molti se ne stanno pentendo.
Eppure si dovrebbe conoscere una delle leggi della finanza: nessun pasto è gratis. Tradotto, a maggior rendimento corrisponde un maggior rischio. Quando si investe in valute emergenti si dovrebbe esser ben consapevoli dei rischi, a partire dal rischio cambio.
Trend in perdita nel 2018
La svalutazione delle principali valute emergenti è uno dei principali trend del 2018, insieme al forte recupero del dollaro. La stessa divisa americana gioca un ruolo indiretto nella svalutazione di quelle emergenti. L’aumento dei tassi americani, che hanno toccato il 3% a 10 anni, spinge i capitali dai paesi emergenti verso gli Usa. Un trend che si autoalimenta.
Come al solito però pesano anche, e molto , crisi politiche e geopolitica. Si pensi alla crisi argentina e venezuelana. Ai minacciati dazi contro la Cina. Ai nuovi accordi di scambio in Nord America.
Il caso della lira turca
Tutte le principali valute emergenti hanno perso, il Real Brasiliano, il Rublo Russo e la Rupia Indonesiana. Hanno tenuto un po’ di più il pesos messicano e ora, dopo un primo calo, il rand sudafricano. Ma è soprattutto la Lira Turca ad esser la protagonista negativa.
Questo è il grafico del cambio dell’euro rispetto alla lira turca degli ultimi 2 anni. Non serve alcuna conoscenza di analisi tecnica per capire la direzione del cambio. Un trend chiaro che ha accelerato negli ultimi giorni. Ma bastava guardare i future per capire che la il cambio con la lira turca era già previsto oltre i 6 entro il 2019 (ora potrebbe raggiungerlo a fine 2018). Certo, sono previsioni date dal cambio forward e come tutte le previsioni potrebbero esser errate. Ma quanti investitori in lire turche lo sapevano e sono a conoscenza dei cambi future?
Investire ora sulla lira turca è pura speculazione. Perché i motivi della costante perdita travalicano i fondamentali economici e finanziari. Sono infatti essenzialmente politici e quindi non prevedibili. E’ infatti risaputo che Erdogan impone alla banca centrale turca la politica monetaria, in particolare ostacolando qualsiasi aumento dei tassi di interesse che sarebbe una mossa ovvia visti i livelli del cambio e dell’inflazione. Occorre poi prestare attenzione che il paese è sotto elezioni, quindi i rischi potrebbero aumentare. Ovvio che rischio richiami opportunità, ma un investitore normale non dovrebbe rincorrere queste scommesse.
Certificati in lira turca e valute emergenti
In generale quindi le valute emergenti vivono in questo 2018 una fase molto delicata, non solo con le svalutazioni del tasso spot, ma anche e soprattutto in relazione dei tassi di cambio attesi (forward) che disegnano uno scenario ancora più cupo.
Se in passato gli investitori italiani si approcciavano al settore tramite le tante obbligazioni emesse, sia da emittenti internazionali (Bei, Birs) che finanziari (Imi), ora sono tentati dai nuovi certificati. Spesso poi coloro che acquistano questi prodotti lo fanno nella logica di recuperare le minusvalenze conseguite sulle obbligazioni. Una strategia folle che non fa altro che aumentare il rischio.
Purtroppo di certificati in giro sulla lira turca ce ne sono. Gli Emittenti fanno il loro lavoro, soddisfano la domanda, qualunque essa sia. Proprio a causa delle svalutazioni degli ultimi mesi, molti certificati su divise estere o
legate ad un basket di valute emergenti, hanno visto scendere in maniera più che proporzionale le loro quotazioni.
La situazione è preoccupante sui certificati sulla lira turca: ci sono tantissimi milioni di euro incastrati, persone che stanno perdendo e non hanno idea di come uscirne. La stragrande maggioranza ha pure incrementato le posizioni in perdita. Il classico errore di mediare perché “la lira ha già perso tanto”, senza invece riflettere se non si è sbagliato fin dall’inizio.