Nei mesi scorsi i giornali hanno dato risalto alla notizia che a partire dal 1° luglio, il fisco potrà pignorare i conti correnti senza chiedere l’autorizzazione al giudice. Vediamo di capire cosa c’è veramente di nuovo e come funziona il pignoramento dei conti correnti.
Il pignoramento è l’atto con cui si inizia l’espropriazione forzata che segue l’esistenza, e la notifica, di un titolo esecutivo (sentenze, scritture private autenticate relative a obbligazioni di somme di denaro, le cambiali e tutti gli altri titoli di credito come assegni impagati, ingiunzione fiscale, cartella esattoriale etc.) e di un precetto.
Le regole base del pignoramento sono dettate dal codice di procedura civile all’art.491 e seguenti (norme riformate nel corso degli anni dalla legge 80/2005, legge 51/2006, Dl 132/2014 diventato Legge 162/2014 e Dl 83/2015 diventato Legge 132/2015). Accanto alle regole base del codice di procedura civile vi sono leggi più specifiche che si occupano di temi particolari. Per esempio l’attività di riscossione da parte dello Stato e degli enti locali, il cosiddetto “pignoramento esattoriale”, è disciplinato dal Dpr 602/73.
Il pignoramento esattoriale è il primo passo delle azioni di espropriazione nell’ambito dell’attività di riscossione della pubblica amministrazione, dallo Stato agli enti locali. Viene chiamato così perché segue di norma una cartella esattoriale non pagata (entro 60 giorni) e non contestata nei modi previsti dalla legge.
Sono pignorabili i beni mobili presso il debitore, le cose del debitore presso terzi, i crediti del debitore presso terzi (per esempio gli stipendi, gli affitti dovuti da terzi, le somme disponibili sul conto corrente, etc.), beni immobili e diritti reali immobiliari (usufrutto, nuda proprietà) etc.
Torniamo alla notizia iniziale: il fisco può pignorare i conti correnti senza chiedere l’autorizzazione al giudice? Sì, è sempre stato così. Rientra tra i poteri speciali che la legge concede a Equitalia: pignorare il conto corrente con l’invio di una semplice comunicazione, a mezzo di lettera raccomandata.
Dunque, a differenza del pignoramento avviato da privati, che richiede un’udienza davanti al giudice affinché venga autorizzata l’assegnazione della somma pignorata, nel caso di esecuzione forzata esattoriale non è prevista alcuna udienza in tribunale.
Qualche novità comunque c’è. Grazie al nuovo decreto fiscale l’Agente della riscossione potrà accedere alle banche dati telematiche per investigare sui beni del debitore da pignorare. Si pensi alla consistenza del conto corrente e alla relativa banca di appoggio o alla presenza di redditi di lavoro dipendente o da pensione.
Il conto corrente italiano è quindi sempre pignorabile e ora addirittura visibile (con tanto di saldi e movimenti) da parte del Fisco. L’unico modo per evitare il pignoramento è avere un conto all’estero, visto che ovviamente le banche straniere (specie se fuori UE) non acconsentono al pignoramento per il quale serve una rogatoria internazionale che si fa, di norma, per reati gravi, e richiede tempi molto più lunghi.