Già nel 2022 c’erano oltre 10mila progetti di criptovalute. Solo i primi 10 progetti del settore valgono oltre l’80% dell’intero settore. È quindi evidente che si tratta al momento di un comparto dove la gran parte dei capitali finora investiti poggia su una manciata di progetti affiancata da una miriade di altri di piccole dimensioni. Un’industria comunque sempre in continua evoluzione.
Oggi è possibile classificare i progetti in diverse macro-categorie. Ci sono quelli di prima generazione che si pongono come sistemi di pagamento (Bitcoin, Litecoin, Dash, ecc.). C’è la categoria di riserva di valore (che al momento vede il Bitcoin come principale candidato, non a caso molti lo considerano una sorta di “oro digitale”). Poi c’è la grande categoria legata alle dapp (applicazioni decentralizzate). La maggior parte di queste app girano nella rete Ethereum che può essere immaginato come una sorta di computer globale dove girano le applicazioni decentralizzate. Il network Ethereum è considerato il più grande e sicuro per le dapp ma proprio perché molto utilizzato spesso risulta congestionato. Questo fa lievitare i prezzi delle commissioni di transazione e ha favorito la nascita di ecosistemi paralleli (fra cui Solana, Avalanche, Polkadot, Cardano) pagando però un prezzo in termini di sicurezza e decentralizzazione (i nodi del network sono molti meno e questo aspetto li rende più centralizzati e meno sicuri).
Poi c’è il mondo delle stable coin (Tether, Usdc, Ust, ecc.), criptovalute ancorate a una valuta fiat (dollaro, euro, ecc.), che consentono agli investitori di spostarsi più facilmente da una cripto all’altra e soprattutto di mantenere nel “mondo cripto” della liquidità, magari momentaneamente disinvestita da alcuni progetti, senza essere esposti alla volatilità delle quotazioni. Importante è anche la categoria dei token legati agli exchange, ovvero le piattaforme che consentono di effettuare le compravendite di cripto. Tra queste la più importante è Binance.
Infine, c’è la categoria delle “shitcoin”, come vengono senza mezzi termini chiamate nel settore. Si tratta di monete prive di valore intrinseco ma create ad arte per attrarre capitali di investitori dilettanti che si prestano all’applicazione del vecchio “Schema Ponzi”. I creatori sono bravi ad attirare i “polli” innescando un “pump” del prezzo e altrettanto bravi a prendere profitto prima di far scattare il “dump”, con annesso panico e caduta del prezzo.
Essendo un mercato non regolamentato, il mondo crypto presenta anche questa sfaccettatura. E bisogna sapere che acquistare questi token è come comprare un biglietto di una lotteria. Al 99,99% si perde tutto. Se lo si fa con questo spirito e quindi con un capitale minimo che si è disposti a perdere allora nessuno si rovina.
Ti ricordo poi che da quest’anno dovrai dichiarare sia i capitali investiti sia i proventi da criptovalute. La Legge di Bilancio di dicembre 2022 indica tutte le regole da seguire, ci sono però vari punti ancora in attesa di chiarimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate e altri punti già chiariti che occorre conoscere. Da quest’anno tutti i principali operatori in cripto devono esser registrati all’OAM e comunicare i dati dei clienti. Non si scappa quindi e si rischiano solo sanzioni. Trovi tutti i dettagli nella guida Tassazione Bitcoin e Cripto 2023.