Si susseguono ormai le notizie su un prossimo accordo sul debito della Grecia, oggi si parla di una firma nel fine settimana a mercati chiusi. Visto le esperienze del passato però c’è da chiedersi se è più una speranza che realtà.
Accordo sul debito greco vicino?
Come già scritto il problema principale ora è trovare altri 15 miliardi per riportare il debito greco al 120% del PIL, il massimo livello sostenibile (per ora). Discordanti sono anche le cifre sull’accordo con gli investitori privati rappresentati dall’Institute of International Finance (in sostanza le banche private). Si parla, fra fondi europei e swap con nuovi bond, di un taglio del 50% al valore nominale dei titoli del debito pubblico in mano alle banche (ma altre fonti citano il 70%, cifra più realistica se si guardano le quotazioni attuali dei bond greci) ed un allungamento delle scadenze dei titoli con una swap tra quelli nuovi e quelli già in circolazione con interessi variabili dal 3,5% al 4%.
Solo dopo l’accordo potranno essere liberati altri 130 miliardi di aiuti europei. Il taglio del debito e gli aiuti europei però ora non bastano più e si sta cercando di coinvolgere gli Istituti Pubblici (BCE e altre banche centrali europee) per coprire i 15 miliardi che mancano a riportare il debito greco al 120% del PIL.
Questi 15 miliardi aggiuntivi non sono che il frutto dei precedenti rinvii. Il vero problema è che anche con questi soldi la Grecia è tutt’altro che salva. oltre all’alto rapporto debito/PIL, il deficit rimane oltre il 3% e l’economia è in una recessione spaventosa che durerà parecchio. Occorre poi valutare quanto siano attuali le stime sul debito in possesso delle banche private, le uniche che parteciranno sicuramente all’hair cut delle obbligazioni greche. E’ indubbio infatti che in questi mesi abbiano venduto parte dei bond ellenici trovando ad acquistare hedge fund, fondi e qualche investitore privato che non parteciperà al taglio.
A complicare la situazione potrebbe mettercisi ora anche la politica: in vista di prossime elezioni sarà più difficile far passare nuovi sacrifici per il popolo ellenico. D’altronde anche la Germania e la Francia si avvicinano ad importanti elezioni e non potranno transigere sul rigore dei conti prima di fornire nuovi aiuti.
L’accordo per gli investitori retail
Le trattative per un accordo sul debito greco si svolgono fra l’IIF in rappresentanza delle banche private e il governo greco, con la mediazione della UE. Parliamoci chiaro: nella pratica la Grecia è tecnicamente già fallita, la trattativa è solo un tentativo di mascherare questo default con un accordo volontario che eviti la dichiarazione di fallimento.
Perché tutto questo? Semplice: una dichiarazione di fallimento della Grecia farebbe scattare il pagamendo dei Credit Default Swap (CDS), quei contratti assicurativi contro il fallimento sottoscritti e spinti a mani basse dai grandi speculatori internazionali.
Si sta insomma tentando di non darla vinta ai finanzieri d’assalto. Peccato che comunque vada questi guadagneranno. Anche in caso di accordo infatti Hedge Fund e soci non parteciperanno all’Hai Cut (che come detto è su base volontaria, altrimenti sarebbe un default) per questo da tempo stanno acquistando a valori molto sotto la pari le obbligazioni greche a breve scadenza, in particolare la maxi emissione in scadenza a marzo 2012. In caso di accordo tali obbligazioni, per chi non aderirà alla trattativa, saranno rimborsate a 100 con interessi.
Ma la colpa non è di questi finanzieri furbi e senza scrupoli, la colpa è delle Autorità Europee che rinviano l’inevitabile. Si sono viste già diverse stime su quanto sarebbe costato meno il salvataggio greco se si fosse agito con decisione in partenza.
In tutto questo baillame non è ancora chiara la sorte dei piccoli investitori retail. Se stiamo alla logica questi sono paragonabili agli Hedge Fund: siccome non aderiranno volontariamente all’accordo dovranno essere rimborsati per intero, cedola inclusa. Ma è evidente che i risparmiatori europei non sono gli Hedge Fund. Non si può dare per scontato che in qualche modo siano costretti ad aderire all’accordo di cui si faranno garanti le banche presso cui sono depositate le obbligazioni.
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