Si è chiusa ieri l’operazione di aumento di capitale della Banca Popolare di Milano con una quota di sottoscrizione dell’81,7% per un controvalore di 653 milioni a fronte dei quasi 800 previsti.
L’esito dell’operazione è deludente se si considera che qualche mese fa si era criticata l’operazione di Ubi Banca chiusa comunque con il 92,3% di sottoscrizioni contro il 99,91% dell’aumento del Monte dei Paschi di Siena o il 99,8% di Intesa Sanpaolo. Ma certamente il timing dell’operazione BPM non è stata fortunata coincidendo con il periodo di massima turbolenza politica e finanziaria sui mercati e con gli spread Btp – Bund ai massimi. Per non parlare poi del taglio del rating di Moody’s che stranamente, come in precedenti situazioni, interviene sulle banche italiane sempre in coincidenza di operazione di rafforzamento del patrimonio.
Al di là della situazione congiunturale l’aumento di BPM era già ritenuto problematico e lo testimonia il forte sconto assicurato ai sottoscrittori. L’incertezza ha pesato soprattutto sui soci più distanti dalla banca, vale a dire il pubblico dei risparmiatori non clienti. Tra i clienti della Popolare si è invece raggiunto il 90%, bene anche la quota riservata agli istituzionali. E’ evidente che tra questi ci sono anche coloro che intendono pesare sul futuro della banca. Anzitutto Andrea Bonomi che tramite Investindustrial è salito al 6,63% e potrebbe ora, durante l’asta dell’inoptato, crescere fino al 9,9% del capitale (portando la quota di aumento sottoscritto all’86%). Anche i francesi di Crédit Mutuel hanno sottoscritto la loro quota di aumento.
Cosa succede ora ai diritti inoptati di BPM
Il 18,3% dei diritti, per un controvalore di 146,3 milioni, non è stato quindi esercitato. Questi diritti saranno ora offerti in Borsa, forse a partire dalla prossima settimana. La decisione spetta al Consorzio di garanzia delle banche di investimento che hanno garantito l’aumento, banche che dovranno assicurare il successo dell’operazione sottoscrivendo gli eventuali diritti inoptati che rimarranno invenduti. Il Consorzio dovrà perciò decidere quando avviare la quotazione dell’inoptato. Teoricamente si potrebbe partire da mercoledì, ma la legge da tempo fino a 30 giorni. Sulla decisione peserà ovviamente l’andamento delle quotazioni.
Venerdì il titolo della Popolare di Milano ha chiuso a 0,28 raggiungendo il minimo storico e soprattutto andando sotto il valore di 0,3 euro previsto dall’aumento. In questa situazione è chiaramente impossibile pensare che qualcuno opti per i diritti quando può comprare l’azione ad un valore inferiore direttamente sul mercato. Per questo l’avvio della vendita dell’inoptato potrà partire solo se ci sarà una ripresa delle quotazioni.