Archiviati i tanto attesi stress test di venerdì scorso, la palla è passata alla Borsa. E i giudizi, finora, nonostante l’apparente buon risultato, sono negativi.
Vediamo quindi che cosa deve attendersi chi intende investire, e soprattutto chi ha già investito, nelle principali banche italiane, in particolare Unicredit e Monte dei Paschi di Siena. Prima però, riassumiamo i fatti, partendo dai risultati degli stress test.
Gli stress test delle banche italiane
Come è ormai noto, 4 banche su 5 hanno superato gli stress test. Unica bocciata Monte dei Paschi di Siena, ma la cosa era ampiamente scontata. La reale notizia (positiva) semmai è l’approvazione da parte della BCE del piano di risanamento.
I risultati più in dettaglio
I giornali hanno salutato positivamente i risultati, così come politici e banchieri. Ma tra le promosse occorre fare dei distinguo. Molto bene Intesa che si conferma una delle banche europee più solide. Ottimo e sopra le aspettative il risultato del Banco Popolare , a maggior ragione visto che il dato non incorpora il recente aumento di capitale (semmai ci si chiede perché sia stata costretta a farlo visto gli ottimi risultati).
In media Ubi Banca che però fino a qualche anno fa era la banca più solida e mostra ora un peggioramento, non in termini assoluti ma in rapporto alle altre.
Più incerta Unicredit che, nonostante la promozione, conferma di aver bisogno di interventi sul capitale (non è escluso anche un nuovo aumento).
La risposta della Borsa
Con queste premesse quindi non sorprende la risposta della Borsa.
Nel momento in cui scrivo Unicredit è pesantemente in negativo, male anche Ubi e anche Intesa ha segno meno. Positive solo il Banco e MPS.
Forse l’unica sorpresa è Intesa in negativo. I risultati degli stress test hanno di fatto confermato la solidità della prima banca italiana. Non ci sono quindi motivi per entusiasmarsi (il buon risultato era atteso), ma è strano anche il viceversa. Probabilmente la banca paga il sentiment generale sul sistema bancario.
Il Banco Popolare è uscito benissimo dagli stress test. Credo anche che sia il dato più inatteso, semmai ora ci si chiede perché sia stata costretta a fare un aumento di capitale (ricordo che il test è stato fatto con i dati di fine dicembre) che, visti i dati, non appare ora necessario.
MPS è uscita malissimo. Ma in Borsa occorre ragionare sempre non sui fatti ma sulle aspettative. Ci si attendeva il dato negativo, per cui non ci sono ripercussioni. Anzi, si è fatta maggiore chiarezza grazie all’approvazione del piano di risanamento.
Il dato borsistico negativo di Ubi Banca probabilmente è sempre da interpretare sulla logica delle aspettative: il Gruppo Bancario godeva di una bassa redditività ma di forte solidità. Mentre il primo aspetto non è cambiato, la solidità ora non è più da primato. Per cui in Borsa stanno abbandonando Ubi in favore del Banco, più redditizia e ora anche più solida (e lo sarà ancor di più con la fusione).
Unicredit paga notevolmente in Borsa. Paga il rischio di un aumento di capitale che pesa sul titolo ormai da mesi. Ma credo paghi soprattutto l’incertezza e l’ambiguità del management. Già fece molto discutere l’estromissione di Ghizzoni. O meglio, non tanto l’estromissione ma il fatto che non ci fosse pronto il sostituto.
Una primaria banca che dimissiona il numero 1 senza avere pronto un sostituto, denota una totale incapacità degli azionisti di controllo. E il titolo ha pagato.
Così come sconta ancora l’assenza di un chiaro piano di recupero. La stessa Unicredit è stata prontissima a emanare un comunicato subito dopo la pubblicazione dei risultati:
“… UniCredit lavorerà con SSM i) per capire fino a che punto azioni manageriali credibili possano compensare parte dell’impatto dello scenario avverso, ii) per valutare l’impatto dei risultati su piani di capitale forward looking di UniCredit e la sua capacità di soddisfare le necessità di fondi propri e iii) per determinare se siano necessarie ulteriori misure o modifiche del piano di capitale di UniCredit”.
Comunicato ambiguo e che non dice nulla che non sia scontato. Ci si chiede infatti che senso ha avuto questo comunicato che non ha di certo migliorato la situazione.
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Semestrali e redditività: Unicredit e Intesa
Ma per le banche italiane gli esami non sono finiti. Ora arriva il dato più importante, la prova delle semestrali che segnerà la capacità delle banche di produrre utili.
Già domani arriveranno i risultati di Intesa. Le attese sono per un utile nel secondo trimestre di 730 milioni di utile netto (il primo trimestre si era chiuso con 806 milioni).
Seguirà a ruota, mercoledì, Unciredit. Qui le attese sono per utili nel trimestre di 664 milioni. Ma l’attenzione sarà soprattutto sulla revisione del piano industriale. Sebbene l’idea sia di presentarlo a ottobre-novembre , il mercato si attende chiarimenti e eventuali nuove mosse dopo le cessioni di quote di Fineco e di Pekao ma anche lo stop della joint venture di Pioneer.
Il mercato ritiene che Unicredit avrà bisogno di una iniezione di capitale di 5miliardi (in realtà circa un miliardo già ottenuto con le recenti cessioni). Rimangono quindi da capire le modalità tramite cui sarà raggiunto questo obiettivo. Fino a che sul titolo aleggerà il rischio di un corposo aumento di capitale, sarà difficile vedere un recupero.
Le semestrali saranno fondamentali per capire la capacità delle prime due banche italiane, e quindi dell’intero settore, di riuscire a produrre margini nonostante la congiuntura sfavorevoli e i tassi zero. Più ancora degli stress test, questi dati potranno essere fondamentali per capire il futuro del settore e l’andamento borsistico.