Il cambiamento in discussione sarebbe di quelli epocali per gli avvocati italiani. In Cassa forense qualche mese fa è stata istituita una commissione di studio incaricata di valutare e ipotizzare possibili riforme al sistema previdenziale. Sul tavolo c’è anche l’ipotesi di passaggio al sistema del contributivo puro, argomento di estremo interesse per l’avvocatura. Un tema a cui è sempre stata particolarmente sensibile l’Associazione nazionale forense.
«È sotto gli occhi di tutti — spiega il segretario generale Gigi Pansini—che l’emergenza sanitaria in atto, conle correlate difficoltà economiche ha acuito le criticità che caratterizzano l’organizzazione della professione e ha reso inevitabile la necessità di intervenire sull’ordinamento forense, sulla capacità di produrre reddito, sugli aspetti previdenziali e assistenziali. Non a caso, il riconoscimento del reddito di ultima istanza, e il ristoro di quota parte del canone di locazione degli studi professionali, hanno dovuto fare i conti con le numerose incertezze e zone grigie legate all’effettivo esercizio della professione, agli oneri dichiarativi degli iscritti, alle possibilità di controllo delle singole posizioni, all’incompatibilità della professione con l’esercizio di altre attività lavorative ».
La crisi del settore – redditi avvocati a picco
La crisi è arrivata e morde forte l’attività degli avvocati. I numeri (per i redditi Irpef riferiti al 2018) erano impietosi già prima della pandemia: 19.800 avvocati non hanno nemmeno inviato il modello per la dichiarazione previdenziale; 15.600 hanno dichiarato reddito zero; 58.100 redditi tra 1 e 10.300 euro. Sono 110 mila gli avvocati che hanno dichiarato tra 10.301 e e 50.050 euro.
«Questi dati— afferma Pansini — già incidono negativamente sul sistema attuale e non poche difficoltà hanno causato all’attuazione delle misure adottate nel periodo della prima emergenza sanitaria, con relativo lockdown, e adottate da Cassa forense. Pertanto, proprio in ragione dell’eccezionalità delle condizioni che stiamo vivendo, tanto il sistema attuale, che richiede necessari correttivi, quanto un epocale passaggio a un sistema nuovo e diverso che Cassa forense sta valutando, necessitano innanzitutto di un confronto sulle norme che oggi disciplinano la professione».
Il timore, neanche tanto nascosto, è che le riforme che investono in maniera profonda la professione possano arrivare senza un confronto con tutte le componenti dell’avvocatura. «Non sfugge a nessuno — avverte il segretario generale di Anf — che le scelte che verranno adottate nel prossimo futuro sul doppio binario previdenziale o sul passaggio al contributivo tout court o, ancora, su altre ipotesi di studio, non sono politicamente neutrali, né possono essere oggetto di mere valutazioni amministrative o contabili. Si tratta di decisioni che incidono profondamente, sul futuro della professione e delle pensioni degli iscritti. Sono scelte di campo per le quali un momento di confronto fra Cassa forense e i suoi iscritti e le componenti istituzionali e associative dell’avvocatura, pur tra mille difficoltà, è necessario».
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