Nel precedente articolo abbiamo spiegato le principali insidie che attendono gli investitori italiani in questo 2015. La politica monetaria della Bce, la caduta del petrolio e il deprezzamento dell’euro sono stati i fattori che hanno contraddistinto la fine del 2014 e che si ripresentano in questo inizio 2015, con in più l’incognita delle elezioni anticipate in Grecia.
Petrolio, chi beneficia del calo
Il calo del petrolio in passato ha sempre spinto le principali Borse mondiali. D’altronde tutti i principali paese occidentali, e oggi possiamo anche considerare Cina e India, sono importatori di petrolio. Il calo dei prezzi del greggio quindi in prospettiva non può che riflettersi in una riduzione dei costi per le aziende e conseguentemente un aumento degli utili.
Inoltre ora la caduta dei prezzi del petrolio provocherà un ulteriore rallentamento dell’inflazione rafforzando le possibilità di un quantitative easing della Bce.
Quali sono i settori e le azioni favorite? Ovviamente quelle che fanno largo consumo di combustibile fossile, ossia le compagnie aeree e in generale (per conseguente ricaduta positiva) tutto il settore dei viaggi e vacanze, l’industria alimentare, e quelle legate ai trasporti come case automobilistiche o concessioni autostradali. In Italia quindi Fca, Cnh, Pirelli, Atlantia, ampliando i confini Air France Klm, Psa, Unilever, Danone …
Chi perde?
Ovviamente la notizia del calo del petrolio non è positiva per tutti. Anzitutto ci perdono le compagnie petrolifere (basti vedere il calo di Eni e company in questo periodo) e tutte quelle legate al settore energetico, incluso Tenaris.
Ma il problema ce lo hanno soprattutto gli Stati la cui economia è fortemente dipendente dall’export dell’oro nero. Sono Russia, Venezuela e Colombia i paesi più in difficoltà a causa del crollo delle quotazioni petrolifere e del deprezzamento delle materie prime. La Russia (in cui il settore petrolifero pesa per oltre il 10% del Pil) risente poi anche delle sanzioni economiche per la questione Ucraina, mentre il Venezuela paga un’economia sovvenzionata dal petrolio che non ha saputo trovare alternative.
L’inizio dell’anno ha portato a nuovi cali nei prezzi e il trend non sembra destinato a cambiare sostanzialmente nel breve, anche perché i paesi Opec non intendono ridurre l’offerta.